Ahmadinejad è il passato, l’Iran in movimento
(Progetto Ecumene)
Di Carlo Pelanda (9-2-2009)
Che il Mediterraneo trovi stabilità è interesse nazionale primario. Sicurezza a parte, i problemi di sottosviluppo del nostro Sud, periferia remota del mercato europeo, non possono essere risolti da politiche nazionali né europee. L’economia meridionale andrà in boom solo se cadrà il “Muro del Mediterraneo” e si formerà nella regione un’area di libero scambio, l’Ekumene, ponendo il Sud stesso in posizione privilegiata nei flussi. Roma potrà essere allo stesso tempo centro del mercato mediterraneo e parte rilevante di quello europeo, con enorme vantaggio geoeconomico. Con questo in mente dobbiamo guardare al fatto nuovo che potrebbe succedere in Iran.
La regione mediterranea - via Mar Nero fino all’Asia
centrale, a Sud fino all’Iran, penisola arabica ed Africa centrale - ha enormi risorse naturali e demografiche che,
se connesse con l’economia avanzata europea, le darebbero uno sviluppo perfino
superiore a quello visto in Asia. Cosa lo blocca? Semplificando, la natura
antimodernista e chiusa delle varianti della religione musulmana che nei Paesi
principali prevalgono o ne minano la stabilità (wahabitismo nell’area sunnita e
tradizionalismo sciita in Iran). Cosa può sbloccarlo? L’instaurarsi di regimi
moderati, aperti e modernizzanti. L’Iran è uno dei più importanti, in generale,
e in particolare per la chiusura del conflitto islamico-israeliano. Egitto e
Giordania sono già in pace con Israele, i palestinesi propensi. Pur i sauditi
ambigui, manca solo